A cura della Redazione
1 maggio 2018
Recandomi per la confessione in un vicino santuario fui colpita dalla posizione raccolta e immobile di un sacerdote raccolto in preghiera. Mi sono chiesta: ma anche i sacerdoti pregano? Siamo abituati a vederli trafelati in mille cose e anche durante la Messa sembrano tutti presi dalla conduzione del rito e pare che per loro la calma della preghiera non ci sia, impegnati come sono nel tenere desta l’attenzione della gente. Un sacerdote dimentico di tutto raccolto in preghiera mi parve una novità e mi colpì al punto che non volli disturbarlo… (lettera firmata)
Anche se questa testimonianza non si riferisce direttamente alla liturgia è tuttavia interessante per il tema qui trattato Conversi ad Dominum.
I fedeli attenti e sensibili osservano i loro sacerdoti e dai loro comportamenti ne traggono considerazioni interessanti. Possiamo chiederci: perché questo stupore se dovrebbe essere normale che un sacerdote preghi? Passando dal caso dell’orazione personale a quello specifico della liturgia potremmo interrogarci sul modo di celebrare e verificare se il senso della preghiera passi sufficientemente dall’ars celebrandi dei ministri di ogni ordine e grado all’assemblea convocata. Infatti se non passa questa dimensione cosa altro dovrebbe offrire la liturgia dal momento che essa stessa è di sua natura la preghiera pubblica e integrale del popolo di Dio?
Forse è opportuno mettere in luce quali dovrebbero essere le fondamentali disposizioni interiori e i relativi gesti esteriori che il sacerdote deve assumere nell’azione liturgica:
* posizione latreutica: il sacerdote rappresenta il Signore stando alla testa del popolo rivolto a Dio Padre nello stesso senso dell’assemblea. Egli tiene il posto di Cristo sommo sacerdote che, quale capo della Chiesa, guida e precede i fratelli nella lode adorante al Padre. Ciò si verifica in particolare nell’offerta del Sacrificio eucaristico e in tutti quei riti che, volgendosi alla divina Maestà, esprimono l’adorazione, la lode e la supplica. Tipico della posizione latreutica è il gesto delle mani elevate o giunte e l’orientamento del corpo e dello sguardo verso un simbolo sacro. L’altare è il luogo santo che è tutto pervaso dall’ascesa latreutico-sacrificale: corpo, mani e occhi si elevano nella comune attrazione verso il mistero.
* posizione kerigmatica: il sacerdote con l’autorità del Signore si volge al popolo per annunciare e spiegare la parola di Dio. E’ la posizione che si assume nella liturgia della parola e in particolare nell’omelia. La sede e l’ambone sono, infatti, luoghi adatti all’istruzione e alla guida del popolo.
* posizione epicletica: il sacerdote si volge ai fedeli per agire su di loro santificandoli con i medesimi gesti comandati dal Signore. Ciò si verifica quando il sacerdote celebra i sacramenti, amministra il Corpo di Cristo e imparte le benedizioni. Tipico dell’epiclesi è l’imposizione delle mani e il relazionarsi ad homines.
Queste tre dimensioni si vedono chiaramente nella vita del Signore come si legge nel santo Vangelo. Infatti, Gesù si ritira in preghiera, eleva gli occhi al cielo, rimane a lungo in intimità col Padre fino al vertice ascendente dell’offerta del suo sacrificio, incruento nel cenacolo e cruento sulla croce (aspetto latreutico); annuncia la parola e spiega ai discepoli e alle folle la dottrina celeste (aspetto kerigmatico); opera i miracoli nella potenza dello Spirito e risana tutti, fino a donare a loro il suo Corpo e il suo Sangue (aspetto epicletico).
Sembra che oggi gran parte della liturgia, almeno nella sua attuazione pratica, si sia ridotta ai soli due movimenti kerigmatico-catechistico ed epicletico-comunicativo con la scomparsa o la forte riduzione della posizione latreutico-contemplativa.
Occorre inoltre affermare che l’aspetto latreutico coinvolge intimamente gli altri due e ne costituisce l’orizzonte necessario. Infatti, sia l’annunzio liturgico della Parola, sia l’amministrazione del sacramento sono intrinsecamente atti di culto, in quanto il discepolo si sottomette al maestro divino che insegna e al medico celeste che risana. Ecco perché sia la liturgia della parola come il conferimento del sacramento devono essere celebrati in un clima cultuale di adorazione e di lode, stando alla presenza di Dio che parla e opera la nostra salvezza. La crisi dell’aspetto lateutico, quindi, colpisce non solo questo aspetto primario e centrale della liturgia, ma anche quella didascalica e sacramentale, che perdono la loro intrinseca finalità e sacralità. Infatti, parola e sacramento hanno come loro fine l’adorazione beatificante, quaggiù nell’oscurità della fede, lassù nella luce della gloria.
Il fatto che la posizione orante del sacerdote venga oscurata non è allora cosa di poco conto e rivela quel deficit sacrificale che è appunto segnalato dal sensus fidei di tanti fedeli.