LA LETTERA E LO SPIRITO NELLA LITURGIA quinta parte

 

DON ENRICO FINOTTI

Il diritto liturgico ha subito un notevole attacco nell’attrito tra la legge (la lettera) e lo spirito. Questa discussione, sempre più accesa dal postconcilio ad oggi, ha influito non poco su una equivoca interpretazione dei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II e ha creato un clima di sfavore e di sospetto su ogni normativa e in particolare riguardo al Codice di Diritto Canonico. L’insegnamento del magistero ha costantemente indicato la giusta via mantenendo l’equilibrio cattolico dell’etet e rifuggendo dall’aut-aut protestante. Quindi la legge deve sempre comporsi con lo spirito e lo spirito trova la sua interpretazione più autentica nella lettera della legge.

L’interdipendenza necessaria ed indissolubile tra legge e spirito viene chiaramente affermata dal Concilio a proposito della liturgia in una raccomandazione importante:

«[I chierici] imparino ad osservare le leggi liturgiche, di modo che la vita dei seminari e degli istituti religiosi sia profondamente permeata di spirito liturgico» (SC17). Non vi è alcun dubbio quindi che una vera formazione liturgica implichi che lo spirito liturgico sgorghi dall’osservanza delle leggi liturgiche e ad esse si alimenti. Infrante le leggi liturgiche cade lo spirito liturgico, non più formato e garantito dall’oggettività del diritto liturgico.

Anche l’attuale diatriba tra dottrina e pastorale, quasi che ci possa essere una vera pastorale difforme dai principi dottrinali, incide negativamente sulla fedele osservanza del diritto liturgico, indulgendo ad una creatività soggettiva, talvolta difforme dalla leggi liturgiche, giustificata in nome dell’inculturazione, delle mutevoli situazioni locali e personali e dei continui mutamenti effimeri della ‘cultura’ dominante. Da ciò nasce un costume di creatività selvaggia che si abbassa totalmente ad una attenzione antropologica senza più alcuna dipendenza dal diritto, fosse anche il diritto divino.

In realtà già il Vaticano II nella nota apposta alla Costituzione Gaudium et spes ha offerto il modo giusto di interpretare il rapporto dottrina-pastorale: «La Costituzione Pastorale “Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo” consta di due parti, ma un tutto unitario. La Costituzione detta “Pastorale” perché, basata sui principi dottrinali, intende esporre l’atteggiamento della Chiesa verso il mondo e gli uomini d’oggi. Non manca dunque né l’intento pastorale nella prima parte, né l’intento dottrinale nella seconda […] ». 

Alla luce di questo equilibrio possiamo affermare che nella liturgia vera, né al diritto manca lo spirito, né lo spirito è estraneo il diritto: lo spirito ispira il diritto e il diritto definisce, interpreta e difende lo spirito.

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