DON ENRICO FINOTTI
La Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium afferma:
Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche… è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture (SC 7).
Questa breve affermazione contiene in estrema sintesi il mistero di Dio, che parla al suo popolo. Occorre però estrarre dalla semplicità e condensazione dell’espressione quegli aspetti impliciti, che costituiscono le condizioni essenziali, perché tale mistero si attui nella pienezza dei suoi elementi. Si tratta quindi di evidenziare tali contenuti e di argomentare su di essi.
1. … quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture… Non basta quindi che siano lette le sacre Scritture perché Lui parli, è necessario che siano lette nella Chiesa. Ovviamente ciò non vuol dire che la proclamazione debba avvenire nell’edificio sacro, dove normalmente si celebra. Tutti comprendono che l’espressione nella Chiesa rimanda ad un orizzonte più vasto e ad un contenuto teologico ben più profondo. Le sacre Scritture sono lette nella Chiesa quando il popolo di Dio è convocato e le sacre lettere risuonano nella santa assemblea. Lì Dio parla al suo popolo, perché lì il popolo di Dio è presente, ascolta e risponde col canto e la preghiera (SC 33). Questo avviene soprattutto nella celebrazione liturgica, ossia quando si verificano le condizioni per la convocazione, qui ed ora, del popolo di Dio in quanto tale. Infatti, non ogni raduno sociologico di natura cultuale per quanto esteso, realizza immediatamente la presenza della Chiesa come tale. È allora importante comprendere la differenza tra la lettura individuale della sacra Scrittura da parte del singolo o di un gruppo di fedeli per quanto possa essere numericamente consistente e la sua proclamazione pubblica nell’azione liturgica, quando la Chiesa come tale è convocata ed è operante. Nella lectio divina individuale o comunitaria si tratta di un dialogo tra Dio e i singoli fedeli, considerati nella loro individualità, mentre nella proclamazione liturgica della Parola vi è il dialogo di Dio con il suo popolo, ossia con la Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica.
2. L’espressione nella Chiesa afferma poi il necessario rapporto tra la sacra Scrittura, la sacra Tradizione e il Magistero. Infatti, i misteri rivelati non sono contenuti nella sola Scrittura, ma anche nella sacra Tradizione e, l’una e l’altra, ricevono la garanzia di una retta interpretazione dal Magistero della Chiesa. La comprensione delle sacre lettere deve essere conforme al sentire di tutta la Tradizione ecclesiale, che a sua volta integra il deposito della fede con l’apporto di contenuti non sempre espliciti nelle sacre Scritture. È allora necessario accogliere la sacra Tradizione nelle sue due dimensioni fondamentali, quella interpretativa delle Scritture e quella integrativa delle medesime, perché la Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura (DV9). Ora gli elementi costitutivi della liturgia della parola assicurano l’equilibrata composizione tra Scrittura, Tradizione e Magistero. In particolare:
– Il lezionario, che unisce con determinati criteri le lezioni dell’Antico e del Nuovo Testamento col testo evangelico, manifesta il modo di intendere le Scritture da parte della Chiesa e offre ai fedeli il senso e la prospettiva degli eventi salvifici. Più il lezionario è antico e costante nella storia, più rivela la continuità della Tradizione.
– I formulari liturgici (prefazi, orazioni, ecc.) dichiarano anch’essi il tenore della Tradizione secolare della Chiesa e danno una chiave di lettura in ordine ai testi biblici proclamati.
– La scelta di specifiche lezioni per le varie solennità, feste e tempi sacri è pure un indice importante per comprendere l’interpretazione ecclesiale dei misteri della fede alla luce delle sacre Scritture.
– L’omelia ha lo scopo primario ed essenziale di integrare i testi biblici con i dati della Tradizione e illuminare i fedeli nell’interpretazione autentica, conforme al Magistero vivo, norma prossima della fede. Potrà anche, per quanto possibile, avviare un processo di attualizzazione della Parola, ma questo aspetto non è così indispensabile come il primo, in quanto l’attualizzazione ha la sua sede propria nella coscienza personale di ogni fedele.
– La professione di fede assicura l’integrazione dei misteri e dei loro aspetti particolari, di volta in volta celebrati, nell’orizzonte plenario della Rivelazione.
– La preghiera universale immette nelle situazioni contingenti della storia il lievito della parola di vita eterna, proclamata nella liturgia, ed eleva la supplica corale per ottenere da Dio la restaurazione in Cristo di tutte le cose.
L’importanza di questi elementi esige che essi non siano alla mercè dei privati, ma operazioni proprie della Chiesa, che deve garantire con la sua autorità la validità del lezionario, l’ortodossia dell’eucologia e il rispetto della professione di fede.
Ed ecco che nella composizione rituale della liturgia della parola si attualizza quello che si afferma nella costituzione conciliare Dei Verbum:
E’ chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo Spirito santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime (DV 10).
Oggi la riduzione della parola di Dio al sola Scriptura sta condizionando largamente la mentalità di molti, che non vedono più la portata della Tradizione e il ruolo del Magistero.
3. E’ pure necessario valutare il senso di un altro importante termine contenuto nella frase in questione: quando…si leggono le sacre Scritture… . Cosa significa qui il termine leggere le Scritture? E’ evidente, che non si realizza il mistero di Dio che parla al suo popolo, qualora l’assemblea liturgica fosse ridotta ad una sala di lettura, dove ogni fedele leggesse per conto proprio le letture del giorno. Perché si attualizzi tale mistero occorre che la sacra Scrittura sia proclamata con un atto pubblico ed esterno. Solo così l’assemblea convocata ode all’unisono il suono delle sacre lettere