DON ENRICO FINOTTI
- Il nesso indissolubile tra adorazione e comunione
Sacramento «per essere mangiato o anche adorato»?
L’attuale crisi dell’adorazione eucaristica potrebbe avere come slogan di riferimento questo: «Cristo ha istituito il Sacramento per essere mangiato e non per essere adorato». Tale affermazione pretende di essere giustificata sulle stesse parole del Signore che afferma: «Prendete e mangiate, prendete e bevete». Da ciò si crede che oltre alla comunione sacramentale il Ss. sacramento non assolva alcun altro compito e che ogni forma di adorazione eucaristica sia estranea alla volontà istitutiva del Signore.
Sant’Agostino d’Ippona offre il giusto correttivo a questa errata affermazione, quando afferma: «Nessuno riceve il Sacramento se prima non lo adora».
Perciò comunione e adorazione sono intrinsecamente unite, per cui non è possibile ricevere in modo degno e fruttuoso il santissimo Sacramento se prima non lo si adora convenientemente.
Per comprendere adeguatamente questo rapporto indissolubile tra comunione e adorazione si deve considerare ciò che si realizza nel mistero della transustanziazione eucaristica. Se nell’offertorio abbiamo offerto delle cose, come sono il pane e il vino, nella comunione riceviamo apparentemente le stesse cose, ma in realtà si riceve una persona viva: il corpo glorioso e il sangue prezioso del nostro Signore Gesù Cristo, velato nelle apparenze sacramentali (sub specie sacramenti). La comunione è un incontro e, ancor più, una fusione profonda con la persona viva del Verbo incarnato. Questa mirabile conversione delle oblate nel corpo e sangue di Cristo è l’evento intermedio tra l’offertorio e la comunione, che si compie con le parole consacratorie pronunziate dal sacerdote nella potenza dello Spirito Santo.
Ed ecco allora che non è possibile una comunione sacramentale fruttuosa in ordine alla nostra santificazione, senza l’adorazione della presenza «vera, reale e sostanziale» di Cristo Signore. Senza adorazione la stessa comunione diventa superficiale, infruttuosa ed anche indegna o sacrilega, perché non si riconosce la verità del Corpo di Cristo e quindi lo si assume come una cosa, un simbolo, mangiando e bevendo la nostra condanna, secondo le parole dell’Apostolo: «Chi mangia indegnamente il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna».
Adorazione interiore o anche esteriore?
Da momento che l’uomo è composto di anima e di corpo, è necessario che l’adorazione verso il Ss. Sacramento sia al contempo interiore ed esteriore. Si deve adorare nostro Signore con la compunzione del cuore e con la dignità esteriore dei nostri gesti corporei. E come non è autentica una virtù che non si esprime visibilmente, così non vi è vera adorazione che non si manifesti nei gesti liturgici esteriori.
Vi è anzi una mutua corrispondenza e un mutuo sostegno tra i sentimenti interiori dell’anima e i gesti esteriori del corpo, in modo che i primi ricevono energia e tono dai secondi e i secondi hanno nei primi la loro verità ed autenticità.
I gesti dell’adorazione sono la genuflessione e lo stare in ginocchio. Mentre i simboli e le immagini sacre si venerano con l’inchino del corpo o del capo (Croce, Madonna, Santi), soltanto il Ss. Sacramento dell’Eucaristia si adora con culto di latria, mediante la genuflessione secondo le vigenti leggi liturgiche). Quindi tale gesto non si deve mai omettere davanti al tabernacolo e davanti all’Eucaristia esposta all’adorazione.
Nella Messa ci si inginocchia durante la Consacrazione e in modo più esteso durante l’intera prece eucaristica e anche nei riti di comunione: dal «Beati gli invitati» fino al ringraziamento dopo la comunione. La Chiesa consente pure di restare per qualche tempo seduti durante l’adorazione eucaristica prolungata per ascoltare la parola di Dio o dare un certo riposo al silenzio meditativo. Anche la santa comunione, secondo le norma universale e generale, dovrebbe essere ricevuta in ginocchio e in bocca, salvo gli indulti concessi dalla Chiesa stessa.
L’adorazione è trasversale: nella Messa, nella comunione extra Missam e nel sacramento conservato nel tabernacolo.
L’adorazione, interiore ed esteriore, accompagna ogni forma di accostamento al Ss. Sacramento: durante la celebrazione della Messa nei momenti stabiliti, nel rito della comunione fuori della Messa e recata agli infermi, davanti al Sacramento conservato nel tabernacolo nel silenzio delle nostre chiese.
Si intende che occorre una continua vigilanza su noi stessi per non perdere il senso sacro dell’Eucaristia, soprattutto quando ci troviamo in chiesa per i vari servizi fuori delle celebrazioni sacre e quando ci si reca col Sacramento per le strade, sia in processione, sia nel portarlo agli infermi nelle loro case.