DON ENRICO FINOTTI
Con i primi secoli del secondo millennio, soprattutto a causa delle eresie eucaristiche (Berengario e gli Albigesi) la Chiesa reagisce e il popolo cristiano, fedele all’antica tradizione e mosso dal sensus fidei, corre ai ripari. Quell’adorazione eucaristica negata dagli eretici viene promossa con forme sempre più sviluppate dal popolo cristiano. Anche il cielo interviene con speciali rivelazioni mistiche come quelle concesse alla beata Giuliana di Liegi, che insieme al Papa Urbano IV porteranno alla solennità del Corpus Domini. Il processo è accelerato anche dai miracoli eucaristici, in particolare quello di Bolsena. Quindi le eresie da una parte e il sensus fidei del popolo, i mistici, le rivelazioni private, i miracoli eucaristici e l’intervento del magistero hanno portato a grande splendore il culto eucaristico del secondo millennio, fino al suo apogeo nei decreti del Concilio Tridentino. Ed ecco i principali sviluppi del secondo millennio:
- Il tabernacolo eucaristico
Il Ss. Sacramento esce dal suo secolare silenzio, lascia il sacrario ed entra nell’edificio della chiesa a contatto vivo col popolo cristiano. Il nuovo luogo della custodia eucaristica inizia così il suo glorioso sviluppo, che potremmo descrivere in alcune tappe: – la colomba eucaristica che pende con catenelle dal ciborio sovrastante l’altare – l’edicola eucaristica che, sempre più monumentale, si erge su una parete laterale del presbiterio, mostrando anche il Sacramento dietro una solida grata – il tabernacolo posto sulla stessa mensa dell’altare in posizione centrale. Il Concilio Tridentino raccomanderà quest’ultima soluzione, giunta fino a noi. In tal modo l’altare rimane sempre ‘acceso e vivo’ per la presenza permanente della vittima immacolata. E’ questo un traguardo luminoso che corona i secoli della fede eucaristica.
E’ necessario evitare che tale conquista sia di nuovo oscurata con la indebita rimozione del tabernacolo dalla sua posizione centrale in asse e in stretta relazione con l’altare. Anche gli orientali conservano sulla sacra mensa il tabernacolo con l’Eucaristia. Soltanto la presenza in una chiesa della specifica e del tutto degna cappella del Ss. Sacramento può giustificare la rimozione dall’altare maggiore dell’Eucaristia.
La cura del tabernacolo: preziosità, centralità, conopeo, lume perenne, fiori, ecc. stabilisce l’intensità del culto eucaristico di una comunità cristiana o religiosa. Il tabernacolo è quindi il primo segno di un culto diretto e solenne verso il Ss. Sacramento.
- Il rito della duplice Elevazione eucaristica
Il rito della duplice Elevazione, in stretta successione alla duplice Consacrazione nel cuore della Messa, è in assoluto il primo atto di culto eucaristico, che si sviluppa dall’antico tronco della liturgia nel secondo millennio. Si tratta di un gesto adorante che vuole suscitare l’adorazione del popolo nell’istante stesso in cui si compie il grande mistero. Si parla pure di una manducatio visiva del corpo di Cristo, che si lega strettamente alla comunione spirituale, in anticipazione o sostituzione di quella sacramentale. La riforma tridentina stabilirà definitivamente anche l’elevazione del calice in analogia a quella dell’Ostia. Questa manducatio visiva, offerta al popolo nell’Elevazione della Messa, viene anche resa possibile agli infermi che non possono assumere la comunione sacramentale. Davanti a loro si porta il Ss. Sacramento per una intensa comunione spirituale (cfr. morte di S. Giuliana di Liegi).
Lo sviluppo del rito dell’Elevazione porta a considerare in esso tutti e tre gli aspetti del mistero eucaristico: l’adorazione della reale presenza, la partecipazione personale al Sacrificio divino, la comunione spirituale al sacramento. E’ in questa sua completezza che anche oggi l’Elevazione si presente come un atto di culto eucaristico completo in ogni sua parte, introducendo i fedeli nell’adorazione della presenza, nell’offerta sacrificale e nell’anticipata comunione spirituale.
La solennità dell’Elevazione è necessaria per non svilire la forza e la dignità di questo atto: la elevazione alta e lenta del sacramento, il suono della campana, la moltiplicazioni dei ceri sono elementi di grande impatto liturgico, che esaltano il mistero nel momento stesso in cui si compie, costituendo in modo visivo il cuore pulsante del Sacrificio eucaristico.
- La processione eucaristica
Il grande esordio dello sviluppo del culto eucaristico del secondo millennio è certamente la festa, e, più tardi, la processione del Corpus Domini, in seguito alle apparizioni di S. Giuliana di Liegi. San Tommaso d’Aquino compone i testi liturgici (Messa e Ufficio). E’ la processione maggiore della Chiesa, che in modo diretto intende rendere culto di latria al Ss. Sacramento. In precedenza già vi erano delle forme ridotte di processioni eucaristiche quali la reposizione del giovedì santo e la processione delle palme in cui si portava il Ss. Sacramento su una cavalcatura ad immagine del Signore. La forma più estesa della processione del Corpus Domini si realizzò nelle città nordiche, dove si erigevano i quattro altari verso i quattro punti cardinali, si leggevano gli inizi dei quattro Vangeli e si impartiva le relative benedizioni eucaristiche. Si circondava la città come scudo di difesa (cfr presa di Gerico – dedicazione di una chiesa) e si interessavano anche le campagne, fondendosi talvolta con le rogazioni.
La processione del Corpus Domini realizzava con solennità ciò che i fedeli compivano, quando portavano in cuore il sacramento, uscendo dalla chiesa verso le loro case: un Corpus Domini quotidiano, che trovava nel Corpus Domini annuale una celebrazione visiva più imponente e gioiosa. Ed è così che, mentre l’Elevazione metteva in luce il moto ascendente del Sacrificio ad Patrem nel centro della Messa, il Corpus Domini evidenziava il moto orizzontale ad homines della comunione, che porta nel mondo e nel creato la virtus salvifica del Corpo di Cristo.
Ad imitazione del Corpus Domini si sviluppano molte altre processioni teoforiche, ossia portando il Ss. Sacramento. Una forma particolarmente solenne e straordinaria di processione eucaristica è quella dei Congressi eucaristici.
- Il rito della esposizione e benedizione eucaristica
Il sentimento di fede del popolo cristiano non si limita a contemplare il Ss. Sacramento nei brevi istanti dell’Elevazione della Messa, ma vuole un tempo più prolungato. Non basta neppure sostare davanti al tabernacolo ma si chiede che il Corpo di Cristo esca dalla sua custodia e stia in modo prolungato in esposizione sull’altare. Se all’inizio poteva bastare l’apertura del tabernacolo o la grata dell’edicola eucaristica, poi furono costruiti ostensori sempre più preziosi, quelli stessi che servivano per portare nelle processioni. La mensa dell’altare era il luogo più appropriato: è infatti chiamato il Ss. Sacramento dell’altare. Ma in seguito si realizzarono imponenti troni eucaristici, che si ergevano monumentali sopra l’altare stesso e che nell’epoca barocca raggiunsero la loro più alta realizzazione artistica. L’altare tridentino ad esempio non prevede soltanto la centralità del tabernacolo, ma anche il trono eucaristico eretto come struttura permanente sopra il tabernacolo.
Nasce così l’esposizione semplice (pisside) o solenne (ostensorio), che si conclude, dopo l’adorazione, con la benedizione eucaristica. L’uso di impartire benedizioni cono oggetti sacri (croce, reliquie e immagini) era nota nella tradizione. Ed è così che divenne logico benedire col Ss. Sacramento.
La benedizione eucaristica divenne particolarmente solenne e frequente al termine dei secondi vespri domenicali. La domenica è infatti il giorno dell’Eucarestia e alla celebrazione mattutina del divin Sacrificio faceva eco la benedizione vespertina, che concludeva il giorno del Signore.
- L’Ora di adorazione
Adorare il Ss. Sacramento per un’intera ora fa riferimento alle parole del Signore nel Getzemani: «Non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me». Questo monito è praticato nel popolo cristiano, sia con l’ora di adorazione del giovedì, giorno che ricorda l’istituzione dell’Eucaristia, ma anche con l’adorazione notturna del giovedì santo, soprattutto nell’ora conclusiva (dalle 23 alle 24) detta «Ora santa» in relazione all’agonia del Signore.
La presenza nelle comunità religiose e parrocchiali di un’ora di adorazione settimanale è segno di sensibilità spirituale e strumento di santificazione dei fedeli.
- Le Sacre Quarantore
Già sant’Agostino d’Ippona dava importanza ad una preghiera prolungata, che coprisse le quarantore intermedie tra la morte del Signore e la sua risurrezione. E infatti, alla celebrazione della Passione fino all’annunzio della risurrezione nel Triduo pasquale, i fedeli sono invitati a mantenere almeno un clima di sobria spiritualità.
La pratica delle Quarantore, come oggi è raccomandata dalla Chiesa, ha tuttavia origini più tardive e consta di 40 ore di adorazione diurna in un triduo, che può avere diverse localizzazioni nell’anno liturgico. Le Quarantore della settimana santa sono quelle che forse interpretano più da vicino quella veglia così prossima alla passione del Signore in attesa della risurrezione attestata dalla tradizione. Al contempo concludono i quaranta giorni quaresimali con una ‘piccola quaresima’ di ore, appunto Quarantore.
Anche altre date sono scelte per le Quarantore: gli ultimi giorni di carnevale prima delle ceneri; il triduo dei morti; la preparazione al Corpus Domini e molte altre date consacrate dalle tradizioni locali.
Il Triduo delle Quarantore è un’occasione efficace di missione al popolo e di invocazione di grazia su una comunità cristiana.
- L’Adorazione perpetua
L’adorazione perpetua, solo diurna o anche permanente (diurna e notturna), è una pia pratica molto diffusa e presente in alcuni santuari o in importanti basiliche (es. le quattro basiliche papali di Roma per volontà del papa san Giovanni Paolo II). Una diocesi e una parrocchia riceve grande beneficio spirituale da una simile iniziativa, per la quale non è coinvolto il popolo, ma un servizio organizzato di adoratori bini o singoli che ‘fanno la guardia’, a nome di tutto il popolo, davanti al Ss. Sacramento, intercedendo come Mosè sul monte con le braccia elevate.
- La lampada perenne
Vorrei dire che la presenza della lampada perenne, che arde costantemente davanti al tabernacolo, è quell’adorazione minima, che almeno ogni chiesa, dove vi è il Santissimo, è chiamata ad assicurare. E’ pur vero che troppe volte le ore della preghiera cristiana sono delegate alle campane, che danno voce al popolo talvolta del tutto distratto e dimentico di Dio e dei suoi benefici. Tuttavia ancora le campane scandiscono l’ora della preghiera (Angelus) del mattino, del mezzogiorno e della sera. Annunciano l’ora della morte del Signore il venerdì e, anche se pochi fedeli si recano in chiesa, le campane chiamano al Sacrificio quotidiano e ai riti della tradizione cristiana. Anche il fedele talvolta accende un cero per esprimere una preghiera furtiva nel vortice della giornata,
Ebbene la lampada perenne afferma che non tutto è spento nel nostro cuore, ma almeno la sua luce flebile arde, notte e giorno, e il Signore vede e accoglie quel timido atto di permanente adorazione.