DON ENRICO FINOTTI
V La liturgia della parola della Statio
(Lit. della Parola) La proclamazione della parola di Dio è la parte più estesa della Statio: essa è infatti una solenne liturgia della parola per una catechesi più accurata nei tempi forti dell’Anno liturgico.
(Evangeliario chiuso) L’Evangeliario, eretto sul suo trono e posto sull’altare o in una posizione veramente centrale, è l’icona visiva di Cristo, «via verità e vita», che ammaestra con autorità divina il suo popolo. L’Evangeliario è aperto nella Statio quaresimale e chiuso nella Statio di Avvento.
Il simbolo è eloquente: il tempo di Avvento celebra l’attesa del Messia e riflette nei simboli quell’oscurità che avvolgeva le menti prima della venuta del Redentore, quando ancora il libro della verità e della vita era ancora chiuso mentre tutto il creato viveva nella trepida attesa di Colui che avrebbe aperto il libro e i suoi sette sigilli (Ap 5,5).
(Invito biblico) La liturgia della parole è introdotta da un invito biblico: Fate bene a volgere l’attenzione alla parola dei profeti (2 Pt 1, 19) concluso dalle parole della samaritana: Quando il Cristo verrà ci annunzierà ogni cosa (Gv 4, 25).
Fratelli,
fate bene a volgere l’attenzione
alla parola dei profeti,
come a lampada che brilla
in un luogo oscuro,
finché non spunti il giorno
e la stella del mattino
si levi nei vostri cuori.
(letture bibliche) La composizione delle lezioni è alquanto singolare: alle grandi pagine profetiche di Isaia seguono i salmi responsoriali a carattere messianico e le letture apostoliche consone al tema[1]. (si accenna qualcosa delle letture bibliche previste)
(antifone O) Il Vangelo, in coerenza con l’Evangeliario chiuso, non si proclama, ma al suo posto si eleva una solenne invocazione al Cristo venturo costituita da antifone composte sul modello delle classiche antifone O.
Le quattro antifone, relative alle quattro Statio, invocano il Salvatore con i noti titoli messianici: Consigliere ammirabile – Dio potente – Padre per sempre – Principe della pace (Is 9,5) e si concludono col Vieni a illuminarci … a salvarci … a mostrarci … a regnare … .
(si leggono per esteso le quattro antifone)
Il versetto, inalterato in ogni Statio, annunzia ai popoli la vittoria del Messia: Date l’annunzio ai popoli: il leone della tribù di Giuda, il germoglio di Davide aprirà il libro e i suoi sette sigilli (Ap 5,5).
Il canto dell’antifona O è quanto mai solenne: il sacerdote con i ministri si reca ai piedi dell’altare dove intona l’antifona, continuata dal cantore e conclusa dal coro.
Durante il canto infonde l’incenso nel braciere, predisposto davanti all’Evangeliario, in segno di intensa supplica al Redentore, che sta per venire.
Il sacerdote conclude con l’orazione: Affrettati non tardare, Signore Gesù, che conferisce quasi una urgenza impellente all’arrivo del Salvatore, che ora è chiamato col suo vero nome, Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1, 21).
Affrettati, non tardare, Signore Gesù: la tua venuta dia conforto e speranza a coloro che confidano nel tuo amore misericordioso. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
(MR, colletta del 24 dicembre).
(omelia) Segue poi l’omelia che riveste una grande importanza per la catechesi di Avvento e mira a portare il popolo ad una più profonda conoscenza dell’Antico Testamento, individuando, negli eventi e nelle figure, l’immagine profetica del Salvatore, che sarà rivelato nella pienezza del tempo (Gal 4,4).
Un antico prefazio ci offre la chiave interpretativa delle Scritture dell’Antica Alleanza e ci indica, nelle pieghe recondite dei testi sacri, l’azione misteriosa del Verbo eterno ancor prima e in vista della sua Incarnazione:
Egli è la fede dei patriarchi,
la pienezza dell’antica legge,
la verità che dirada l’ombra,
Colui che fu annunziato da tutti i profeti.
Egli è il Leone della tribù di Giuda,
il vero agnello di Dio,
la pietra angolare,
il sacerdote eccelso,
il virgulto della radice di Jesse.
In Noè, già governava la Chiesa,
in Abramo fu patriarca fedelissimo,
in Isacco si offrì in glorioso sacrificio al Padre,
in Giacobbe fu maestro di somma pazienza,
in Giuseppe prefigurò la sua passione e la sua gloria,
in Mosè fu guida mirabile del suo popolo,
in Davide fu insigne re d’Israele,
in Salomone fu fonte di abbondantissima sapienza,
in Isaia fu l’autore di tutte le profezie,
in Giovanni preannunziò il battesimo, che ci avrebbe redenti [2].
(Responsorio) Dopo il silenzio meditativo si canta il responsorio più ricco della liturgia dell’Avvento, che ricorre nell’Ufficio della prima domenica: Guardo da lontano, e vedo arrivare la potenza del Signore, come una nube che copre la terra. (si legge l’intero responsorio)
Il responsorio si apre sull’orizzonte escatologico dell’ultima venuta del Signore nello splendore della sua gloria e in tal modo anche questo secondo aspetto, connaturale all’Avvento, riceve la sua evidenziazione.
Ora, mentre la Chiesa, nel tempo sacro di Avvento, mette noi suoi figli in comunione con la secolare attesa dei popoli e l’ardente invocazione dei Padri, facendo memoria della prima venuta del Figlio di Dio nella povertà della natura umana, ci prepara al contempo al suo ritorno ultimo nella gloria e ci dispone ad accoglierlo con rinnovato vigore nell’oggi del nostro tempo, secondo la bella espressione di uno dei prefazi di Avvento: Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno (MR, CEI, Prefazio I/A dell’Avvento).
[1] Lezionario delle quattro Statio:
I STATIO: 1° lett.: Is 2, 2-5; salmo resp.: Sl 84, 5. 8- 14; 2° lett.: Rm 13, 11-14; 15, 4. 12-13
II STATIO: 1° lett.: Is 11, 1-10; salmo resp.: Sl 88, 23-30. 37-38; 2° lett.: Gc 5, 7-11
III STATIO: 1° lett.: Is 35, 1-1; salmo resp.: Sl 71, 1-11; 2° lett.: 1 Pt 1, 8- 13; 2, 6
IV STATIO: 1° lett.: Is 40, 1-5.9-11; salmo resp.: Sl 71, 12-19; 2° lett.: Eb 10, 23- 25. 35- 39
[2] PINELL JORDI, Preci Eucaristiche Occidentali, Testi delle Liturgie Ambrosiana, Gallicana e Ispanica – Sintesi di uno studio letterario-dottrinale, Pontificio Istituto Liturgico, Roma 1984, pp. 55-57; Anamnesis, vol. VI, p. 356.