IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE – seconda parte

SECONDA PARTE DELLA TRASMISSIONE DI LUNEDI’ 8 APRILE 2019

A CURA DI DON ENRICO FINOTTI. 

III     Il «rito» della Riconciliazione

  1. Il nome del sacramento della Riconciliazione

Il sacramento della Riconciliazione può assumere nomi diversi: sacramento della «Riconciliazione», della «Penitenza» o della «Confessione». Tale varietà é relativa ad una o all’altra delle parti costitutive del sacramento stesso. «Confessione» indica il momento dell’accusa dei peccati, «Penitenza» indica l’itinerario o l’opera penitenziale imposta dal sacerdote. Il termine «Riconciliazione», invece, indica l’intero complesso del processo penitenziale, nel quale tutte le sue parti sono contenute. Tale termine sembra da preferire in quanto interpreta nel modo migliore l’essenza del mistero che si compie nel Sacramento, ossia la riconciliazione del peccatore con Dio e con la Chiesa, senza privilegiare alcuna delle quattro parti del sacramento, ma considerandole nella loro pari dignità e necessità.

  1. Il rito della Riconciliazione individuale

Il modo ordinario di amministrare il sacramento della Riconciliazione é quello individuale del penitente che si accosta al sacerdote confessore.

– Il rito vigente (1973) sollecita che dopo il saluto liturgico del sacerdote vi sia la proposizione di una breve lettura biblica per sottoporre alla Parola di Dio il processo della Riconciliazione. Infatti, afferma l’Apostolo: «E` stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse   per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5, 19-20).

– Il penitente accusa con umiltà, essenzialità e precisione i suoi peccati,

– Dopo la monizione il sacerdote assegna al penitente l’opera penitenziale da compiere.

– Quindi il penitente attesta il suo pentimento con varie formule desunte dai salmi, oppure con tradizionale «Atto di dolore». La manifestazione esterna della contrizione è parte necessaria del Sacramento e senza di essa il sacerdote non può procedere ad impartire l’assoluzione.

– Il sacerdote stende la mano destra sul capo o verso il penitente, conforme all’antica prassi liturgica penitenziale, secondo la quale lo Spirito Santo, estinto col peccato, viene nuovamente invocato e infuso sul peccatore pentito. La formula di assoluzione «Dio Padre di misericordia…» descrive con nitida chiarezza l’opera della riconciliazione del genere umano per l’opera congiunta della santissima Trinità: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tale opera si applica ora al penitente, mediante il ministero della Chiesa, che per mano del sacerdote assolve pronunziando le parole essenziali alla validità stessa del sacramento: «Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Il sacerdote deve normalmente recitare integralmente la formula prevista, allo stesso modo che  nell’Eucaristia vi é la recita integrale dell’intera Prece eucaristica. Solo in caso di vera necessità ci si limiterà alle sole parole essenziali: «Io ti assolvo…».

– La preghiera che segue – «La passione di Gesù Cristo…» – completa la formula assolutoria evocando la potenza redentrice del sangue di Cristo e invocando la solidarietà soprannaturale di Maria santissima e di tutti i Santi. Ciò attesta la consolante verità della Comunione dei Santi, che raccoglie le lacrime del peccatore pentito e intercede per una pronta riabilitazione nella vita di grazia.

– Il ringraziamento: «Lodiamo il Signore perché é buono. Eterna é la sua misericordia» e il congedo liturgico del sacerdote invitano alla lode grata verso la divina misericordia: «Il Signore ha perdonato i tuoi peccati. Va in pace»

  1. Il rito della Riconciliazione comunitaria

Il sacramento della Riconciliazione può essere celebrato in un contesto di celebrazione comunitaria, che consente la valorizzazione di aspetti importanti del processo penitenziale:

– La presenza della Chiesa con la sua potente preghiera e l’afflato della sua carità verso i peccatori pentiti: come la Chiesa è offesa dal peccato dei suoi figli, così é consolata dal loro pentimento e viene in soccorso nel faticoso cammino di riabilitazione spirituale.

– Un ascolto più abbondante e mirato della parola di Dio, commentata da un’adeguata omelia, può aiutare maggiormente ad un discernimento spirituale più attento e profondo nell’esame di coscienza.

– Il canto di lode e di ringraziamento elevato col supporto dell’assemblea orante ha un sapore ed una letizia più spiccati e richiamano maggiormente i penitenti al dovuto rendimento di grazie, che talvolta nella pratica individuale può essere trascurato, assecondando una facile grettezza di spirito.

In questa seconda modalità del rito, pur in un contesto celebrativo comunitario, il sacramento, in senso stretto, è celebrato individualmente, dopo l’omelia e prima del ringraziamento. La celebrazione comunitaria é molto utile, soprattutto in preparazione alle grandi solennità dell’anno liturgico, in particolare al termine della Quaresima alle soglie della Pasqua. E’ necessario però che i fedeli abbiano sempre totale libertà di poter accedere in ogni tempo alla Confessione individuale. La celebrazione penitenziale, senza il Sacramento, può anche essere impiegata per una adeguata preparazione alla Confessione, alla quale i fedeli si accosteranno in ore o giorni successivi.

  1. L’assoluzione generale

E’ un caso di estrema gravità in cui l’assoluzione sacramentale è pronunziata in modo generale su un gruppo di fedeli pentiti, ma che non sono nelle condizioni immediate di premettere l’accusa individuale dei loro peccati. Questa modalità, fuori del pericolo di morte, richiede normalmente il consenso dell’Ordinario (cfr. CDC, Can 961). Si deve tener presente che anche in questo caso il penitente, consapevole di peccati mortali,  é tenuto ad accusarli integralmente al più presto nella successiva Confessione (cfr. CDC, Can. 962; Rito della Penitenza, n. 66). Se manca tale voto o se, passata l’emergenza, non si assolve ad esso, l’assoluzione generale ricevuta é invalida. Questo fatto va tenuto presente e i fedeli interessati devono essere tempestivamente informati (CDC, Can. 962 – § 2).

IV     Il «luogo» e l’«abito» per il sacramento della Riconciliazione

Nel odierno contesto di vasta e profonda secolarizzazione è necessario ribadire l’importanza sia del confessionale, sia dell’abito liturgico nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione.

In particolare:

– Il Can. 964 – § 1, afferma: «Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l’oratorio»; e al – § 3: «Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per giusta causa». Il confessionale è un luogo sacro e come tale deve risultare dalla struttura, dalle immagini e dall’arredo. Non si tratta di un salotto per conversazione, in quanto la Confessione non é un dialogo di natura psicologica o umanitaria, ma un incontro personale con Cristo che mediante il sacerdote pronunzia un giudizio sull’anima del penitente e produce, per virtù dello Spirito Santo, una grazia ontologica e soprannaturale, che ricrea in novità di vita il peccatore pentito e lo rende giusto. Si realizza un evento di grazia. Nel confessionale non può mancare l’inginocchiatoio in quanto é lo stare in ginocchio  il segno più specifico ed efficace del penitente che si accusa dei suoi peccati. Inoltre la grata non é elemento secondario perché permette un esercizio della confessione grave e devoto, sia da parte del penitente che parla al ministro di Dio, sia da parte del sacerdote che agisce in persona Christi. Per questo il Can 964 – § 2 stabilisce: «…i confessionali siano provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene». Rispetta inoltre la riservatezza della stessa confessione, il cui segreto deve essere in ogni modo tutelato: (Cfr. Can. 983 – § 1 «Il segreto sacramentale é inviolabile; pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e per qualsiasi causa»). Si deve naturalmente distinguere il sacramento della Riconciliazione dalla direzione spirituale che è un pio esercizio utile alla crescita spirituale, ma non necessario e privo di quella grazia specifica che agisce ex opere operato soltanto nel sacramento.

– Il sacerdote deve indossare l’abito liturgico prescritto (talare, cotta e stola violacea, oppure camice con stola) e stare nel confessionale così rivestito, sia per richiamare a se stesso il ministero sacro che esercita, sia per suscitare nel penitente il senso sacro della presenza del Signore nel sacerdote che agisce a nome del Signore (in persona Christi).

 

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