Questa Veglia natalizia offre una concreta proposta celebrativa in ordine a ciò che affermano le Premesse generali alla Liturgia delle Ore, al n. 71:
“Sul modello della Veglia pasquale, si introdusse nelle diverse Chiese la consuetudine di iniziare con una veglia altre solennità: tra queste primeggiano il Natale del Signore e la Pentecoste. E’ un uso che merita di essere conservato e promosso…”.
Alla luce poi di ciò che si afferma nelle medesime Premesse, al n. 215:
“Nella notte del Natale del Signore conviene che prima della Messa si celebri la Veglia solenne con l’Ufficio delle letture”.
la Veglia si ispira allo schema dell’Ufficio di lettura di Natale, accogliendone gli elementi liturgici propri, ma, al contempo, arricchendoli con riti e contenuti ancor più specifici in ordine al grande Mistero. In tal modo la Veglia assume un carattere spiccato di popolarità e dispiega un ventaglio più esteso di testi, di preghiere e di simboli per una maggiore incisività mistagogica e spirituale.
E’ costituita da tre parti:
- La liturgia della luce nel contesto dell’Invitatorio.
- La liturgia della parola, intrecciata alla salmodia.
- La celebrazione eucaristica di mezzanotte
La pausa, che sospende brevemente il ritmo celebrativo tra l’Ufficio e la Messa, consente di attendere la mezzanotte, come l’Ora competente per proclamare l’Annunzio della nascita del Signore, cantare l’Inno angelico e proseguire con la celebrazione solenne del Sacrificio eucaristico in nocte.
L’ INVITATORIO E IL RITO DELLA LUCE
Mediante il segno della luce che squarcia le tenebre, si celebra il mistero del Verbo di Dio, luce vera che illumina ogni uomo, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
1. Il versetto iniziale. La tipicità del versetto introduttorio – Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode (Sl. 118, 62) – con la sua risposta – In questa notte santa contemplerò il tuo volto – affermano il tempo della celebrazione: la mezzanotte, e l’evento celebrato: la contemplazione del volto di Dio, tanto desiderato dai secoli e ora reso visibile nel volto del Bambino di Betlemme. L’antica invocazione dei salmi (27, 8-9; 42, 3) – Il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto e Quando verrò e vedrò il volto di Dio? – trova una sorprendente e ineffabile risposta nella santa notte di Natale.
2. L’invitatorio. Invece del normale salmo 94 si propone Sir 24, 1-12. E’ l’anticipo profetico del Prologo di San Giovanni: la tematica e lo stile letterario ne fanno un modello speculare. In poche espressioni si delinea il movimento dell’Incarnazione del Verbo, che dalla sua eterna preesistenza presso il Padre – Ho officiato nella tenda santa davanti a Lui -, scende gradualmente verso l’umanità, fino a dimorare in un preciso luogo e contesto umano – il mio Creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele -. Questo singolare movimento, dal cielo alla terra, verrà poi maggiormente declinato e meditato nello sviluppo e nella composizione della successiva liturgia della Parola.
3. La breve lettura di Sap 18, 14-15 e l’ingresso della luce.
La lettura è tipica della liturgia natalizia:
Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa,
mentre la notte giungeva a metà del suo corso,
il tuo Verbo onnipotente, o Signore,
è sceso dal cielo, dal trono regale.
Cantata o proclamata a modo di capitolo, stabilisce il significato del rito della luce, che ne costituisce la drammatizzazione. Infatti, il sacerdote accende dalla lucerna la lampada e con un ingresso in profondo silenzio dal fondo della chiesa, dove ha avuto inizio il rito, si muove verso l’altare: è l’immagine del Verbo eterno, che scende in questa nostra terra votata alla morte e dirada con la sua luce le nostre tenebre. Egli, infatti, afferma:
Io sono la luce del mondo;
chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita (Gv 8, 12)
4. L’accensione dei ceri dell’altare e il rito dell’incenso. Il sacerdote, giunto all’altare, ne accende i ceri alla destra e alla sinistra, simbolo delle due nature di Cristo, vero Dio e vero uomo, con una formula composta in sintonia con i migliori testi del Magistero classico e secolare della Chiesa (cfr. rito). In tal modo l’altare è configurato a Cristo, uomo e Dio, che, fin dai primi istanti della sua incarnazione, è il Sacerdote, l’Altare e la Vittima, che si immola per la redenzione del genere umano. Ecco il significato dell’incenso, che subito dopo viene infuso nel braciere, posto sulla stessa mensa dell’altare, perché l’oblazione pura che in ogni luogo, dall’oriente all’occidente, è offerta tra le genti, salga al Padre, come incenso di soave profumo (Ml 1, 11). Così, già nella notte di Natale, viene annunziata quella immolazione pasquale, che ha il suo esordio nella grotta di Betlemme e la sua attuazione sacramentale nel Sacrificio eucaristico della notte santa. L’illuminazione e il rito dell’incenso riconducono al rito delle Dedicazione dell’altare. Infatti, nella notte di Natale viene dedicato il vero altare, Cristo, l’unico degno di offrire il Sacrificio perfetto e gradito a Dio, dopo la millenaria profanazione dell’umanità e del creato a causa del peccato. Tale mistero venne annunziato già nell’Antico Testamento, quando con la festa della Dedicazione si volle ricordare la dedicazione del tempio e del suo altare, dopo la profanazione di Antioco Epifanie (1 Mac 4, 36). Questa festa, è vissuta da Gesù stesso, secondo Gv 10, 22, e possiamo considerarla quale lontana e singolare immagine profetica della solennità cristiana del santo Natale, sia per il suo contenuto, come anche per la significativa coincidenza della data: il 25 del mese di Casleu (25 dicembre). Mentre il sacerdote infonde l’incenso, si accendono le luci vigiliari della chiesa e il suono dell’organo corona il rito.
5. L’Annunzio natalizio. Il sacerdote va alla sede e il diacono o il cantore o il lettore, all’ambone, canta o proclama l’Exultet di Natale. E’ il testo composto per dare l’annunzio del grande Giubileo nella notte di Natale del 2000. E’ concluso da due commoventi invocazioni rivolte ai due maggiori protagonisti dell’evento natalizio: Cristo Signore, il Verbo eterno, che ora è per sempre il Dio con noi; Maria SS. la Madre, che vergine ha concepito, vergine ha partorito e vergine rimane per sempre; L’ Annunzio può venire cantato anche dal pulpito monumentale, come l’Annunzio pasquale.