La dimensione ascetica della Notte Santa

 

A cura della Redazione

Non possiamo sottacere il valore ascetico del popolo che attende, anche con un certo sacrificio, l’ora della celebrazione del grande Mistero. Esso accentua ed è parte integrante della celebrazione del Mistero stesso. Infatti la celebrazione liturgica della Chiesa prevede un itinerario, – oggi alquanto ridotto e quasi scomparso – che si conclude con l’attuazione sacramentale dell’opera della nostra salvezza nell’Eucaristia. Gli ingredienti di questo cammino sono il digiuno, la veglia, l’ascolto della Parola e la preghiera. Tutto questo veniva offerto nell’antica Veglia domenicale, quando dopo il lucernale, si vegliava nella notte, digiunando, e si ascoltava la Parola di Dio, meditandola nel canto dei salmi, nel silenzio e nelle orazioni. Infine al sorgere del sole si incontrava il Signore stesso nel mistero del Sacramento e l’incontro con lo Sposo colmava il cuore della gioia pasquale. Lo svolgimento era logico, si trattava di solidarizzare con la passione e morte del Signore, mediante il digiuno e la veglia, che costavano certo rinuncia e sacrificio, per poi degnamente e con frutto esultare nell’annunzio e nella mistica partecipazione alla realtà di Lui risorto. La dimensione ascetica e penitenziale è indissociabile dalla celebrazione eucaristica, infatti ‘per crucem ad lucem’ e tale dimensione oggi permane in indicazioni quasi irrisorie nell’ora di digiuno eucaristico che precede la comunione. Rimangono solo due espressioni che ancora richiamano l’epoca d’oro dell’antica celebrazione: la notte di Pasqua e quella di Natale. Qui ci sarebbe data la possibilità di valorizzare gli elementi pre-eucaristici della veglia, dell’ascolto prolungato della Parola e del digiuno. Tuttavia dove sia la Veglia Pasquale, come la Messa di mezzanotte di Natale, sono devitalizzate, sia nella durata, come nell’orario, come nella indebita semplificazione, tale esperienza è di fatto perduta per la comunità cristiana. Oggi l’urgenza non è dare al popolo un facile e inconcludente appuntamento celebrativo, ma introdurlo in una esperienza celebrativa edificante, che porti a riflettere e pregare, e così provocare una sempre maggiore coscientizzazione e una più profonda conversione. Questo deve essere l’intento della pastorale autentica per non ridurla ad una branchia dell’ufficio del turismo o della cultura..(da “Natale: la mezzanotte santa” Trento, 2005, pp. 42-45)

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