- I vespri votivi fra l’ottava
La carità del suffragio è talmente importante e costante nella tradizione della Chiesa che viene raccomandata non solo nel giorno dei Defunti, ma anche per l’intero ottavario (dal 1 all’8 novembre) offrendo la possibilità di lucrare l’Indulgenza planaria, applicabile alle anime del purgatorio, una volta al giorno, mediante la visita al cimitero[1].
Tale pratica tuttavia è lasciata all’iniziativa individuale. I fedeli, in realtà, oltre ai normali pii esercizi (es. Rosario), in questi giorni, non hanno stimoli particolari da parte della liturgia. Per questo qui si propongono i vespri votivi dei defunti da celebrare in forma comunitaria e solenne nelle ferie che intercorrono tra il 2 e l’8 novembre. Con questa celebrazione i fedeli ricevono uno stimolo orante più efficace per disporre gli animi ad una recezione più cosciente dell’Indulgenza plenaria di suffragio. Inoltre sono introdotti, mediante il rito, ad un maggiore approfondimento dei vari aspetti del mistero, celebrato nell’annuale Commemorazione dei fedeli defunti.
I vespri si ispirano alle indicazioni rubricali esibite nelle Premesse all’Ufficio divino[2], che al n. 252 affermano: <<Vi sono anche alcune circostanze occasionali, nelle quali è lecito scegliere i salmi adatti e altre parti in forma di Ufficio votivo»; indicazioni ribadite dal Direttorio su pietà popolare e liturgia[3] al n. 103; e sono in continuità con ciò che nella tradizione popolare erano i piccoli uffici: una modalità liturgico/popolare per trasmettere, con una certa libertà compositiva, al semplice popolo di Dio, alcune parti tipiche e di maggior valore desunte dalla liturgia ufficiale. Si pensi a tal proposito alla novena classica del Natale: una breve e geniale sintesi della liturgia dell’Avvento. E’ in questa prospettiva che si comprendono questi Vespri votivi dei defunti, i cui criteri di composizione sono descritti nelle brevi Premesse che li introducono e che sotto riportiamo.
Si devono tener presenti alcune considerazioni generali:
1. I Vespri si celebrano nelle quattro ferie che seguono al giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti (2 nov.), per estendere ed intensificare la preghiera di suffragio, ed offrire una catechesi più completa sul mistero celebrato. Infatti, mentre il 2 novembre si ricorda la verità del Purgatorio, con questi vespri, nelle quattro ferie successive, si fa memoria dei Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso. Le letture brevi e i versetti del responsorio sono relative a questi temi.
2. Lo schema e i testi eucologici sono perlopiù identici per i quattro giorni, in modo da consentire la memorizzazione contemplativa e la partecipazione canora del popolo. In particolare sono raccolti i canti della liturgia esequiale, che hanno segnato per secoli la tradizione popolare ed erano da tutti conosciuti ed amati nel testo latino e nella melodia gregoriana (e polifonica): Regem cui omnia vivunt, Requiem, Lux aeterna, Exultabunt Domino, Ego sum resurrectio et vita, Subvenite Sancti Dei, In paradisum. Tali antifone e responsori costituiscono un patrimonio di inestimabile valore liturgico e musicale, che opportunamente deve essere riconsegnato ai fedeli.
3. Il carattere della celebrazione implica la cura di simboli adeguati: il colore esequiale dei paramenti, l’assenza di fiori e la nobile austerità dell’ambiente. In particolare si vuole dar risalto ad un antico simbolo, che ha caratterizzato con un forte impatto emotivo la liturgia dei Defunti nei secoli passati. Si tratta dello strato steso sul medesimo luogo dove si depone il feretro dei nostri defunti nelle esequie. Esso è in grado di richiamare con l’eloquenza propria dei simboli il ricordo dei fedeli defunti, che nella comunione dei Santi partecipano essi stessi al grande suffragio della Chiesa e ne beneficano. Nelle nostre chiese si conservano ancora strati esequiali veramente preziosi e non raramente con raffigurazioni di notevole spessore spirituale. Non sarebbe conforme a saggezza lasciarli deperire, ma piuttosto saperli reimpiegare con intelligenza teologica, liturgica e pastorale, quando non anche culturale e artistica. In questi vespri votivi ci sembra opportuno l’uso dello strato, disteso sul pavimento, con nel mezzo il candelabro col cero pasquale acceso, simbolo di Cristo vincitore della morte.
4. Il rito prevede tre stationes, in analogia a quelle delle esequie (casa, chiesa, cimitero): la statio iniziale presso lo strato esequiale per il rito della luce; la seconda statio nel presbiterio per il canto dei vespri; la terza statio ancora presso lo strato per il solenne suffragio. Le processioni di raccordo (se possibili) conferiscono movimento e solennità al rito. Ogni statio è pure segnata dalle tre successive e crescenti scansioni della luce: lucernale (invitatorio), vigiliare (salmodia), solare (Magnificat).
5. L’Invitatorio che precede l’Inno ed è celebrato con le luci alquanto ridotte, conferisce alla celebrazione un inizio veramente solenne e commovente. Il breve testo di Osea: <<dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare» (Os 6,1-3) è incorniciato dal rito della luce e da quello dell’incenso. La luce del cero pasquale e l’incenso saliente danno un senso vivo della vittoria di Cristo sulle tenebre della morte e del suffragio della Chiesa, che sale gradito come sacrificio di soave odore.
6. L’Inno e la salmodia sono quelli ufficiali dei vespri dei defunti, tuttavia il cantico di Giona (2, 3-10) tiene il posto del secondo salmo. La figura di Giona è immagine profetica del mistero pasquale del Signore e fondamento della nostra speranza: <<Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40). In tal modo i tre giorni annunziati da Osea (6,1-3) e quelli vissuti drammaticamente dal profeta Giona, raggiungono il loro senso ultimo e la loro pienezza nelle mirabili espressioni del cantico di Filippesi 2,6-11: il Cristo umiliato fino alla morte e alla morte di croce è esaltato grandemente e riceve un nome che è sopra ogni altro nome. Tale destino, dopo l’umiliazione della morte corporale, sarà anche per tutti i Giusti nella gloriosa risurrezione. Le orazioni ai salmi sono desunte dal comune dei defunti del Messale Romano (Editio tertia),.
7. Il solenne rito del suffragio, vertice e termine della celebrazione, é analogo al rito esequiale dell’ Ultima raccomandazione e commiato (Ad ultimam commendationem et valedictionem). Durante la processione verso lo strato, si canta una singolare e antica litania, che tiene il posto delle intercessioni dei vespri ed è desunta dalle Preci della raccomandazione dell’anima (cfr. Rituale Romanum, Tit. V, cap. 7, Ordo commendationis animae, n. 4). E’ una mirabile carrellata di eventi biblici nei quali Dio si mostra il Liberatore in situazioni difficili e umanamente disperate, e la Chiesa, nella luce di questi eventi salvifici, invoca ancora l’intervento divino in favore delle anime di tutti i fedeli defunti, che si trovano nella purificazione. Giunti allo strato e terminata la litania, il sacerdote eleva una splendida raccomandazione a Dio, rivolgendosi direttamente ai fratelli defunti ed augurando loro l’ingresso sollecito nell’eterna e beata visione di Dio con gli Angeli e i Santi. Anche questa preghiera è tolta dal Ordo commendationis animae, n. 4. Si giunge così il canto del Subvente Sancti Dei, solennizzato dal suono della campana maggiore e dall’incensazione del cero pasquale e dello strato. Infine, dopo la benedizione, l’immortale antifona In paradisum conclude il rito e l’assemblea si scioglie in silenzio, grata al Signore per aver gustato una profonda comunione con le anime sante di tutti i defunti.
Queste osservazioni generali sono riprese brevemente e precisate ulteriormente nelle Premesse e nelle rubriche che precedono e accompagnano il rito, che ora proponiamo integralmente.
[1] Cfr. Manuale delle indulgenze, ed. Vaticana, 1968, nn. 13. 18. 19. 67.
[2] Cfr. Principi e norme per la liturgia delle Ore (PNLO), 1970.
[3] Cfr. Direttorio su pietà popolare e liturgia, ed. Vaticana, 2002.