DON ENRICO FINOTTI
La Messa parrocchiale principale nel giorno festivo[1]
“Poichè nella sua Chiesa il Vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge, deve necessariamente costituire gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie, organizzate localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra. Per questo motivo la vita liturgica della parrocchia e il suo legame con il Vescovo devono essere coltivati nell’animo e nella pratica dei fedeli e del clero; e bisogna adoperarsi affinchè il senso della comunità parrocchiale fiorisca, soprattutto nella celebrazione comunitaria della Messa domenicale”.[2]
“La celebrazione Eucaristica festiva è tipicamente comunitaria, non di piccoli gruppi. Occorre anzi sostenere al massimo la Messa della comunità parrocchiale”.
“Là dove si celebrano più Messe, si dia speciale risalto a quella che può essere considerata principale sotto il profilo comunitario. La si evidenzi, ad esempio, con un più festoso suono delle campane, con la partecipazione del coro, con una più ampia preghiera dei fedeli, con qualche segno di condivisione nei confronti dei poveri e di comunione con gli ammalati e gli anziani, anche per mezzo della consegna “ufficiale” della Eucaristia ai ministri incaricati di portarla nelle rispettive case”.[3]
Si danno alcuni elementi rituali relativi alla messa principale della domenica:
* La Messa principale della domenica deve risultare tale dalla presenza regolare del coro liturgico, dei ministri sia lettori sia accoliti, e di altri servizi. La celebrazione di tale messa deve essere esemplare nei riti previsti nelle varie domeniche e feste, non riduttiva e si deve svolgere con distensione e anche con la dovuta solennità in quella misura che è richiesta volta a volta dalle indicazioni liturgiche. Questa messa è convenientemente celebrata il mattino della domenica.
* è sempre possibile celebrare nei riti di inizio l’aspersione con l’acqua benedetta in ricordo del Battesimo, salvo i casi esplicitamente non previsti dalla liturgia.
* Conviene che il momento della consacrazione ed elevazione nella prece eucaristica sia segnalato a tutta la comunità col suono della campana [4]. Si dovranno invitare gli assenti e gli ammalati a unirsi spiritualmente, ascoltando quel suono, al divin sacrificio che la Chiesa in quel momento offre in Cristo al Padre.
* è quanto mai opportuno che, in conseguenza della messa principale della Domenica, sia portata la s. Comunione agli infermi. In tal caso i ministri straordinari dell’Eucaristia, terminata la distribuzione della s. Comunione, riceveranno dal sacerdote o dal diacono la teca con il ss.Sacramento e subito si recheranno presso i loro ammalati.[5]
* è alla Messa principale della domenica che i fedeli sono orientati a celebrare particolari anniversari e le istituzioni, i gruppi e le associazioni a ricordare i vari momenti della loro attività. In questo modo si esprime l’unità e vi è un reciproco scambio di doni. Sarà necessario tuttavia comporre le esigenze individuali con la preminenza del mistero di Cristo, tenendo presente le solennità, le feste e la natura dei tempi sacri.
* è necessario formare la comunità a comprendere il significato della messa parrocchiale e far sì che almeno i collaboratori e le famiglie più sensibili vi partecipino regolarmente, soprattutto nelle domeniche dei tempi forti e nelle solennità.
Le altre Messe domenicali
Conviene che le messe domenicali non siano moltiplicate in modo indiscriminato, ma rispondano ad un vero bisogno pastorale inserito in un progetto educativo mirante a maturare i fedeli alla celebrazione della domenica come giorno della comunità cristiana.
Gregorio Magno diede un criterio classico a coloro che gli chiedevano quante volte celebrare l’Eucaristia la domenica: “Ogni volta che si riempie il tempio” fu la risposta. Quindi non tanto la comodità di pochi individui, ma la necessità della comunità come tale deve stabilire il numero e l’orario delle messe.
Si deve partire dal principio dell’unica convocazione eucaristica domenicale, realizzabile nelle piccole parrocchie e da questa base moltiplicare le messe quel tanto che serve per un servizio alla comunità come tale. Ogni parrocchia dovrà realizzare il principio con la volontà di non abusare.
In particolare la domenica non si deve indulgere alla celebrazione di messe per gruppi o per categorie di persone [6]. La domenica infatti proclama la coralità della Chiesa riunita nella varietà e completezza delle sue realtà.
“Salvo casi particolari, la facoltà (di concedere la celebrazione eucaristica per gruppi particolari) non venga concessa per le domeniche e le feste di precetto; l’assemblea liturgica parrocchiale non deve essere privata del ministero dei sacerdoti e della partecipazione dei fedeli: ne soffrirebbe la vita e la coesione della comunità stessa”. [7]
Occorre in questo settore buon senso ed equilibrio, uniti alla sincera volontà di elevare il popolo cristiano al senso della domenica e della Chiesa.
Ogni Messa domenicale, e non solo la principale, deve esprimere il carattere festivo col canto, i lettori e i ministri[8]. Per quanto possibile quindi ogni messa abbia chi, in accordo col sacerdote celebrante, ne curi l’animazione.
Le Lodi e i Vespri domenicali[9]
Assumono particolare importanza la celebrazione pubblica e comune delle Lodi e dei Vespri domenicali. In particolare è opportuno che i secondi Vespri vengano completati dall’esposizione, una breve adorazione e la benedizione eucaristica.
La Domenica, infatti è il giorno dell’Eucaristia, e l’Ora del Vespro è tra le ore dell’ufficio la più connaturale al mistero eucaristico. La breve adorazione potrà riproporre gli stessi temi della liturgia di quella domenica.
[1] L’antica regola era: ‘unico Altare e unica Eucaristia’. Quando si moltiplicarono le Messe, si moltiplicarono pure gli altari. Tuttavia la Chiesa mantenne sempre il principio dell’unicità con due disposizioni: – tra i molti altari laterali, sempre doveva ‘dominare’ l’altar maggiore; – tra le molteplici messe (soprattutto la domenica) sempre doveva emergere la Messa principale. Altar maggiore e Messa principale salvano il principio antico dell’unica Eucaristia. La Chiesa d’Oriente, invece, mantiene ancor oggi in modo rigoroso l’antica disciplina: nella chiesa vi è un unico altare e nel giorno vi è un’unica Messa.
[2] SC, n. 42.
[3] ARCIDIOCESI DI TRENTO, La famiglia di Dio sulle strade dell’uomo, XIX Sinodo Tridentino, Costituzioni, Trento, Edizioni diocesane, 1986, Ambito 3°, nn. 50 e 86.
[4] RIGHETTI, vol. III, p. 367-368: “Il Cerimoniale dei Vescovi vuole che in questa circostanza si suonino le campane, secondo un costume introdottosi nel sec. XII-XIII col rito dell’elevazione dell’Ostia e tuttora vigente. Ne troviamo le prime norme presso le Costituzioni dei Camaldolesi (1205) e dei Cistercensi (1215), imitate poi in molti luoghi e da Gregorio XI (+1377) estese a tutte le chiese”.
Per quanto riguarda il campanello, introdotto nella rubrica del messale da Pio V, “non è prescritto invece per la messa solenne, malgrado sia in uso fuori Roma; perché l’azione liturgica in quel momento s’impone di per sé all’assistenza. Un suono di tal genere guasterebbe quell’altissimum silentium di cui la liturgia circonda da secoli il momento della consacrazione, e che è tanto adatto per insinuare nei fedeli il senso divino del mistero”.
[5] ARCIDIOCESI DI TRENTO – UFFICIO LITURGICO, Principi e regole per i ministri straordinari dell’Eucaristia, Trento, ed. Diocesane, 1998.
[6] CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, n. 149: “… le messe domenicali delle parrocchie siano aperte a tutti, evitando le liturgie particolari per gruppi determinati di fedeli…”
[7] CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, Messe per gruppi particolari, in Enchiridion Vaticanum, Documenti ufficiali della Santa Sede, Bologna, EDB, 1976, vol. 3°, n. 1170.
[8] CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, n. 148: “… La Messa domenicale deve essere molto curata perché per molti la conservazione e l’alimentazione della fede è legata alla partecipazione a tale celebrazione eucaristica”.
[9] XIX Sinodo tridentino, Ambito 3°, n 44.