A CURA DELLA REDAZIONE
3. Il tempo della missione
Nei primi sei mesi dell’anno liturgico, circa da dicembre a maggio, la liturgia raccoglie tutte le principali fasi del mistero di Cristo, dall’attesa messianica dei Padri dell’Antico Testamento, all’effusione con potenza dello Spirito Santo.
Nei successivi sei mesi, da giugno a novembre, vien celebrato il mistero della Chiesa, frutto del mistero pasquale di Cristo.
In questo programma annuale la Chiesa raccoglie i suoi figli e li chiama ad un forte impegno soprattutto nel primo periodo, per immergerli annualmente nella meditazione e nella grazia del mistero di Cristo in modo da elevarli e continuamente introdurli nella vita del Signore, fatto uomo, morto e risorto per noi.
Ciò si verifica soprattutto nei tempi forti dell’Avvento – Natale e più profondamente della Quaresima – Pasqua.
In un certo senso, in questa prima parte dell’anno liturgico, i cristiani sono chiamati ad entrare in una specie di esercizi spirituali annuali, in una sorta di scuola per alimentare la fede, la vita interiore e l’adesione morale propria della vocazione cristiana. Ogni anno il mistero di Cristo Salvatore viene riscolpito nel loro cuore e rinnovato nella loro mente in modo che aderiscano con più profonda conoscenza e coscienza al Vangelo della salvezza. L’intento principale della Chiesa nel periodo dall’Avvento alla Pentecoste è quindi questa formazione, rivolta ai singoli fedeli e alle comunità ecclesiali.
Nella seconda parte dell’anno liturgico, la Chiesa invia i suoi figli in missione nel mondo, nelle varie situazioni della vita, nei problemi della società, nell’impegno di evangelizzazione delle realtà temporali.
Cessati i tempi forti della rivitalizzazione della fede e della grazia, ora il cristiano deve tradurre in testimonianza di vita il suo Credo e verificare nell’impatto con la mutevole realtà di ogni giorno la forza della sua testimonianza.
In tal senso il tempo “per annum” è il tempo della missione, non tanto perchè gli altri tempi non siano tali, ma quanto piuttosto perchè il tempo ordinario ne è particolarmente incline e idoneo sia simbolicamente sia esistenzialmente.
Nell’ultimo periodo del tempo ordinario, la testimonianza comune di ogni cristiano nel proprio ambiente di vita e di lavoro si specifica nell’impegno ecclesiale della missione alle genti, che viene celebrata nel contesto dell’ottobre missionario e in particolare nella Giornata Missionaria Mondiale. E’ questa l’annuale occasione per sostenere con la preghiera e gli aiuti materiali, le missioni e i missionari, educando le comunità cristiane alla solidarietà e alla responsabilità nell’attività missionaria di tutta la Chiesa.[1]
[1] BENEDETTO XVI, Discorso ai Vescovi del Brasile in occasione della Sessione di apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Aparecida lunedì, 14 maggio 2007, in L’Osservatore Romano del 14-15 maggio 2007, p. 12: “Ma, che cosa ha significato l’accettazione della fede cristiana per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi? Per essi ha significato conoscere ed accogliere Cristo, il Dio sconosciuto che i loro antenati, senza saperlo, cercavano nelle loro ricche tradizioni religiose. Cristo era il Salvatore a cui anelavano silenziosamente. Ha significato anche avere ricevuto, con le acque del Battesimo, la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione; avere ricevuto, inoltre, lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro culture, purificandole e sviluppando i numerosi germi e semi che il Verbo incarnato aveva messo in esse, orientandole così verso le strade del Vangelo. In effetti, l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nessun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’imposizione di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono chiuse in se stesse né pietrificate in un determinato momento della storia, ma sono aperte, più ancora, cercano l’incontro con altre culture, sperano di raggiungere l’universalità nell’incontro e nel dialogo con altre forme di vita e con gli elementi che possono portare ad una nuova sintesi nella quale si rispetti sempre la diversità delle espressioni e della loro realizzazione culturale concreta. In ultima istanza, solo la verità unifica e la sua prova è l’amore. Per questo motivo Cristo, essendo realmente il Logos incarnato, “l’amore fino alla fine”, non è estraneo ad alcuna cultura né ad alcuna persona; al contrario, la risposta desiderata nel cuore delle culture è quella che dà ad esse la loro identità ultima, unendo l’umanità e rispettando contemporaneamente la ricchezza delle diversità, aprendo tutti alla crescita nella vera umanizzazione, nell’autentico progresso. Il Verbo di Dio, facendosi carne in Gesù Cristo, si fece anche storia e cultura.
L’utopia di tornare a dare vita alle religioni precolombiane, separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso, bensì un regresso. In realtà, sarebbe un’involuzione verso un momento storico ancorato nel passato.La saggezza dei popoli originari li portò fortunatamente a formare una sintesi tra le loro culture e la fede cristiana che i missionari offrivano loro. Di lì è nata la ricca e profonda religiosità popolare, nella quale appare l’anima dei popoli latinoamericani”.