L’ORIENTAMENTO NEL CULTO

 

DON ENRICO FINOTTI

La liturgia è essenzialmente un atto di culto a Dio. Lo afferma con chiarezza sia la definizione di liturgia già proposta dall’enciclica Mediator Dei di Pio XII

La sacra Liturgia è il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre, come Capo della Chiesa, ed è il culto che la società dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di Lui, all’Eterno Padre: è, per dirla in breve, il culto integrale del Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del Capo e delle sue membra –

sia la successiva definizione di liturgia ripresa dal Vaticano II (SC7)

Giustamente perciò la liturgia è considerata come l’esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo … in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra -.

Come si può costatare la dimensione cultuale è geneticamente costitutiva della natura stessa della liturgia. Elevare tutto il popolo ad un rapporto diretto con Dio, il più possibile libero da ogni distrazione, è l’intento e la meta dell’azione liturgica. L’orientamento dello spirito, della mente e del cuore ad Deum è quindi atteggiamento imprescindibile e condizione primaria ed essenziale per porre un atto liturgico che sia conforme alla sua natura più vera e profonda.

Col termine orientamento, dunque, si intende riferirsi a questo sguardo interiore ed esteriore a Dio, che nella tradizione liturgica, orientale e occidentale, si esprime con modalità gestuali differenti, ma concordi nell’unico obiettivo: ricercare e contemplare il volto di Dio.

Data la costituzione dell’uomo di anima e corpo, non è possibile non conformare all’orientamento interiore dello spirito la posizione, gli atteggiamenti e i gesti corporei. Infatti, pretendere di adorare con la sola anima senza coinvolgere anche il corpo è porsi in uno stato innaturale, costringendo l’anima a subire una continua frizione con le distrazioni esteriori che frenano e feriscono il moto dello spirito nell’atto di volgersi a Dio. Dunque nella celebrazione liturgica l’anima e il corpo insieme, in mutua simbiosi, devono orientarsi al Signore:

Tutto il complesso del culto che la Chiesa rende a Dio deve essere interno ed esterno. È esterno perché lo richiede la natura dell’uomo composto di anima e di corpo; perché Dio ha disposto che «conoscendoLo per mezzo delle cose visibili, siamo attratti all’amore delle cose invisibili» (cfr. Missale Romanum, Prefazio della Natività)…(Mediator Dei)

Se è vero che tutta la vita del cristiano si deve svolgere sotto lo sguardo di Dio davanti alla sua presenza e nell’obbedienza alla sua legge e in tal senso si possa parlare dell’intera vita come ‘liturgia’, culto a Dio gradito, tuttavia, soltanto nei momenti propri del culto l’orientamento a Dio è diretto, mentre in ogni altra azione è sempre indiretto, in quanto si deve porre attenzione agli altri, alle cose, alle situazioni, al mondo. Possiamo allora rilevare che il volgersi in modo diretto ed esclusivo al Signore, lasciando ogni altra distrazione, segna il passaggio da una attività qualsiasi a quella specifica del culto, sia pubblica che individuale.

Poiché Dio è invisibile si rende necessaria la mediazione dei simboli che richiamino Lui, la sua misteriosa presenza e la sua azione salvifica. Sono i segni del sacro che si devono distinguere da tutto il complesso delle creature, che elevano certamente al Signore, ma in modo indiretto e riflesso. Non distinguere sufficientemente il sacro dal profano incrina non poco l’orientamento liturgico, anzi lo estingue in quanto lo priva del suo scopo: distogliere lo sguardo dalle creature per elevarlo al Creatore. Senza tali segni le cose del mondo diventano opache ed equivoche costituendo una distrazione dal soprannaturale, che invece i segni sacri indicano in modo diretto e immediato. In realtà è appunto il sacro autentico (ossia conforme alla vera fede) che interpreta rettamente il profano e ne svela la sua origine e finalità riconducendo ogni cosa a Colui che l’ha creata. Senza questa necessaria mediazione del ‘sacro’ – dopo il peccato originale – le creature si oscurano e il loro fascino ci distoglie con facilità dal loro Autore ed esse stesse perdono la loro identità. Infatti, come ben si esprime il Concilio Vaticano II, “La creatura senza il Creatore svanisce” (GS 36).

Ecco allora il motivo per cui l’orientamento nel culto ha sempre espresso movimenti e segni corporei ben noti con lo scopo di innalzare lo spirito al mistero divino: elevare gli occhi e le braccia al cielo, volgersi al sole nascente verso oriente o verso Gerusalemme, guardare all’altare e alla croce, contemplare il SS. Sacramento e rimirare una sacra immagine, ecc. Senza tali gesti la liturgia perde la sua forza e la sua visibilità e non potrà più manifestare quella sua intrinseca coralità, che la configura come un atto pubblico e comune del popolo di Dio.

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