IL MISTERO DEL TEMPIO – L’EDIFICIO SACRO COME ATTO DI CULTO – prima parte

Duomo Cattedrale di Orvieto

DON ENRICO FINOTTI

Perché la chiesa è un dono grande? E perché è doveroso costruire edifici sacri e conservare il grande patrimonio artistico, storico, culturale e spirituale in essi contenuto? Una certa mentalità oggi tende a sminuire il senso delle chiese-edificio come espressioni del culto a Dio e – quando è necessario costruirle – si tende a produrre chiese minimali, povere e possibilmente ‘nascoste’ nel contesto urbanistico. Per di più si dice che Dio vuole i nostri cuori e non i templi, vuole che si aiutino i poveri piuttosto che spendere per i monumenti. Certo con questa mentalità un popolo non troverà entusiasmo ad avere una bella chiesa, né a conservarla e impreziosirla. Si tenderà invece a spogliarla, magari svendendo i suoi arredi , comunque a non apprezzarla, quasi fosse un ‘peccato’ possedere una gran bella chiesa. Succede in conseguenza che la comunità cristiana, seppur inconsciamente, demandi all’ente pubblico la salvaguardia delle sue chiese ridotte alla sola realtà di beni storici e culturali, quasi rinnegando ciò che i padri fecero in passato e percorrendo sentieri ritenuti più ‘evangelici’, che si risolvono tuttavia in opere semplicemente sociologiche e umanitarie, non sufficientemente però impostate sulla dimensione ascendente e soprannaturale del mistero di Dio. Insomma la dimensione antropocentrica – oggi dominante – sembra togliere spessore alla dimensione teocentrica, che ispirò la costruzione delle chiese storiche. Per valutare la portata delle nostre chiese occorre, allora, considerare il valore che la chiesa rappresenta su diversi piani: nei riguardi di Dio, in relazione alla comunità cristiana e i singoli fedeli e in ordine all’evangelizzazione dell’ambiente.

LA PREGHIERA FINALE A SAN MICHELE ARCANGELO – terza parte

Le prove che la Chiesa subisce nel suo cammino terreno, fatto di tentazioni e impervie lotte, ha indotto i Sommi Pontefici ad invocare gli Angeli, quali difensori del popolo di Dio militante, contro le insidie del diavolo.

Ed ecco che la visione misteriosa del papa Leone XIII (13 ottobre 1884) ha donato alla Chiesa la preghiera a san Michele arcangelo, recitata dopo la messa feriale ogni giorno. Oggi non è più tassativa, ma i Papi l’hanno raccomandata a più riprese e ancor oggi viene sollecitata.

La sua posizione al termine della Messa è quanto mai adatta, perché l’assemblea dei fedeli lascia la chiesa ed entra nel mondo con tutte le difficoltà connesse, che mettono a dura prova la fedeltà e la testimonianza cristiana.

Ed ecco che la forza di san Michele arcangelo ispira i cristiani e la sua intercessione li supporta dall’alto. Come Michele fu forte guerriero nella grande battaglia angelica, così lo possa essere per noi nelle tribolazioni che sempre accompagnano la Chiesa. L’arcangelo san Michele è infatti proclamato il defensor Ecclesiae.

GLI ANGELI NELLA LITURGIA DELLA PAROLA DELL’ “ORDO MISSAE” ROMANO (seconda parte)

 

Nell’Ordo Missae Romano, considerato in tutta l’estensione della tradizione liturgica, contenuta, sia nel novus, sia nel vetus Ordo Missae, si riscontrano ben 9 richiami, di diversa intensità, alla mediazione degli Angeli, nel corso della Messa Romana.

  1. L’Angelo dell’Asperges

 La Messa principale della domenica è preceduta, secondo una secolare tradizione, dal rito dell’Asperges, mediante il quale si ricorda il battesimo e si purifica l’assemblea dei fedeli, rinnovando la grazia battesimale con l’aspersione dell’acqua benedetta. E’ un rito molto significativo perché nel giorno della risurrezione del Signore (domenica) si rinnova quella grazia, che ci fu data col lavacro battesimale, quando il cristiano morì al peccato e risorse alla vita nuova. Ciò che ci viene messo permanentemente davanti agli occhi nelle pile dell’acqua lustrale alla porta della chiesa, viene opportunamente celebrato con maggior solennità nel rito dell’Asperges domenicale. Mentre nel vetus ordo tale rito era obbligatorio prima della Messa solenne di ogni domenica, oggi è facoltativo ed inserito eventualmente nei riti di inizio del novus ordo.

GLI ANGELI NELL’ “ORDO MISSAE” ROMANO (I parte)

Mosaico, Chiesa della Trasfigurazione – Monte Tabor

 

DON ENRICO FINOTTI

Quando il cielo discende sulla terra

Quando sulla terra la Chiesa celebra il Sacrificio incruento dell’altare si compie una mistica convocazione sacrificale di tutti i figli di Dio, sia quelli pellegrini in terra, sia quelli che si stanno purificando in purgatorio, sia quelli che contemplano per l’eternità il volto ineffabile del Dio Uno e Trino. Veramente il cielo e la terra si uniscono per innalzare un’identica lode e compiere l’adorazione, che glorifica la Trinità divina e infonde nelle creature la vita immortale e ogni benedizione. Alcuni concorrono all’offerta del Sacrificio (i Santi che già sono in cielo e quelli che sono ancora pellegrini e militanti sulla terra), altri attendono dal Sacrificio celebrato i frutti di grazia (le anime purganti e il mondo che attende ancora la redenzione).

UN MISTERO DA ADORARE

 

DON ENRICO FINOTTI

NESSUNO MANGI L’EUCARISTIA SENZA PRIMA ADORARLA

«…Ho accolto volentieri la proposta che la Plenaria si occupasse del tema dell’adorazione eucaristica, nella fiducia che una rinnovata riflessione potesse contribuire a mettere in chiaro i mezzi liturgici e pastorali con cui la Chiesa dei nostri tempi può promuovere la fede nella presenza reale del Signore nella Santa Eucaristia e assicurare alla celebrazione della Santa Messa tutta la dimensione dell’adorazione. Ho sottolineato questo aspetto nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis , in cui raccoglievo i frutti della XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, svoltasi nell’ottobre del 2005. In essa, evidenziando l’importanza della relazione intrinseca tra celebrazione dell’Eucaristia e adorazione (cfr n. 66), citavo l’insegnamento di sant’Agostino:

LA CENTRALITÀ E IL PRIMATO DELLA LITURGIA NELL’ECCLESIOLOGIA DELLA ‘LUMEN GENTIUM’ – seconda parte

Se è il diritto della Chiesa che detta le condizioni di legittimità di governo dei pastori, è altrettanto vero che la consacrazione episcopale è essenziale per entrare a far parte del collegio apostolico. Possiamo affermare quindi che il sacramento è il fondamento (ontologico) di questo collegio?

Un secondo importante aspetto che consegue dalla sacramentalità dell’intero triplice munus episcopale è il fondamento sacramentale della collegialità episcopale.

Nell’impostazione giuridica del potere di giurisdizione, inteso in senso extrasacramentale, si poteva ritenere che il Collegio episcopale fosse una creazione del diritto pontificio.

LA CENTRALITÀ E IL PRIMATO DELLA LITURGIA NELL’ECCLESIOLOGIA DELLA ‘LUMEN GENTIUM’ – prima parte

DON ENRICO FINOTTI

1.  Con il Vaticano II si assiste definitivamente ad un cambiamento di prospettiva. L’ecclesiologia ha ora come punto di partenza da dimensione liturgico-sacramentale mentre la dimensione giuridica – seppur importante – viene dopo. Perché questo cambiamento nel modo di concepire il Mistero della Chiesa?         

Possiamo affermare in senso generale che l’ecclesiologia del Vaticano II si configura come ecclesiologia sacramentale rispetto all’ecclesiologia precedente, prevalentemente giuridica.

In altri termini, nel Vaticano II vi è il primato del sacramento sul diritto; dell’azione precedente, sovrana e fondante di Dio rispetto alla sua determinazione giuridica; della struttura ontologica soprannaturale che scende come dono dall’alto, rispetto al pur necessario vincolo giurisdizionale.

In breve il primato della grazia divina sulla legge umana.

MARIA NELL’ ‘ORDO MISSAE’ – quarta parte

DON ENRICO FINOTTI

IV    Maria SS. nelle Antifone mariane finali

Mentre la sobrietas romana, nel Canone, si esprime con un accenno breve e solenne, la liturgia bizantina conferisce all’invocazione a Maria SS. una tale consistenza da interrompere la prece eucaristica con un canto a lei dedicato, che ha nell’anafora lo spessore e l’impatto  del Sanctus:

(sac.) In modo particolare ti offriamo questo sacrificio per la tuttasanta, immacolata, benedetta, gloriosa Signora nostra, Madre di Dio e sempre vergine Maria.

(coro) E’ veramente giusto proclamare beata te, o Deipara, che sei beatissima, tutta pura e Madre del nostro Dio. Noi magnifichiamo te, che sei più onorabile dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini, che in modo immacolato partoristi il Verbo di Dio, o vera Madre di Dio.

MARIA NELL’ ‘ORDO MISSAE’ – terza parte

Vergine con bambino in trono c. 1225 – dipinto su legno – San Romolo, Fiesole

II. Maria SS. nel Confiteor dei riti iniziali

La Madonna si presenta fin dall’inizio dell’Ordo Missae ed aspetta sul portale di ingresso tutti coloro che accedono all’assemblea santa e si apprestano ad offrire il Sacrificio eucaristico. Il suo nome risuona nel momento centrale dei riti iniziali, ossia nell’atto penitenziale, dove  esercita un duplice ruolo nel Confiteor. Per comprendere pienamente l’azione svolta da Maria SS. dobbiamo riflettere sulla forma antica ed ampia del Confiteor ancora conservata nel vetus ordo. Questa ha la medesima composizione e struttura del Canone Romano: un centro costituito dal triplice mea culpa al quale si sale con una prima invocazione ai Santi e dal quale si ridiscende con la ripetizione della stessa invocazione.