DON ENRICO FINOTTI
Il silenzio in chiesa e durante il culto santo è questione di prim’ordine in quanto dalla giusta impostazione del ‘silenzio sacro’ dipende non poco l’efficacia spirituale dell’azione liturgica.
Non ritengo opportuno, tuttavia, intervenire nelle situazioni concrete, in quanto si ritiene che ogni sacerdote si comporti nel modo più confacente in contingenze talvolta difficili.
In senso generale si possono indicare alcuni orientamenti:
1. Il clima di silenzio interiore ed esteriore è quello proprio di ogni celebrazione liturgica. Infatti, si tratta di disporre l’animo ad ascoltare Dio, che parla al suo popolo, di elevare a Lui la lode con esultanza e di ricevere dalla sua misericordia quelle meraviglie di grazia, che sono i Sacramenti.
2. Dio non può mai essere ridotto alla nostra portata. Egli rimane sempre avvolto dal fulgore della sua trascendenza. Anche se con l’incarnazione il Figlio Unigenito è venuto ad abitare in mezzo a noi e si è intrattenuto con noi come con amici (Dei verbum), Egli non ha mai trascurato la Maestà divina del Padre, al quale dimostra un’assoluta obbedienza adorante. Egli stesso ne è permanentemente investito (della stessa sostanza del Padre) e spesso tale splendore irrompe dalla sua altrettanto vera umanità. Infatti, molti suoi contemporanei hanno dichiarato, che nessuno ha mai parlato con tanta autorità come Costui. Ebbene, questa Maestà del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, esige, soprattutto nella sacra liturgia, il silenzio e la venerazione.
3. Su questa base teologica la Chiesa prevede il silenzio preparatorio ad una celebrazione (per i ministri in sagrestia e per i fedeli nella navata); il silenzio rituale per assolvere coralmente i gesti e pronunziare le orazioni stabilite, ma anche per interiorizzare i contenuti della Parola proclamata e dei ‘santi segni’, che velano i santi Misteri; il silenzio successivo alle celebrazioni per non disperdere immediatamente l’intensità del raccoglimento interiore.
4. Per distinguere l’ambiente del silenzio da quello della conversazione e dell’incontro fraterno, l’ architettura ecclesiastica classica assegna al primo l’aula della chiesa e al secondo il sagrato, che è luogo di mediazione e di passaggio tra il culto del tempio e il tumulto del mondo. Nel sagrato (atrio, quadriportico, chiostro, ecc.) la devozione del cuore e l’incontro adorante con Dio si traduce in quella ‘sobria ebbrezza dello Spirito’, che pervade i fratelli, nell’esodo dall’assemblea santa dove ricevettero la Parola che salva e il Pane della vita eterna: una fraternità rigenerata che dal luogo santo si espande nel mondo.
5. Purtroppo nel contesto odierno il silenzio non ha molta considerazione e diventa difficile attuarlo, anche in chiesa e l’educazione al ‘silenzio liturgico’ deve essere ripresa con costanza e determinazione. Infatti, non vi sono alternative: senza silenzio interiore ed esteriore ogni moto di riflessione, di devozione e di contemplazione è estinto sul nascere. Non è infatti possibile ritenere sufficiente per la crescita nella fede una celebrazione liturgica soltanto formale ed esteriore. Non possiamo onorar Dio solo a parole, senza una adeguata corrispondenza del cuore.
Concludendo: non ci si meravigli quindi delle difficoltà che il silenzio può incontrare anche nel luogo suo proprio, la chiesa e nell’azione più santa, la liturgia.
Non dobbiamo perderci d’animo. Lavoriamo con fiducia, sostenuti dalla fede, affinché con pazienza e gradualità il popolo cristiano raggiunga di nuovo quella maturità religiosa dei tempi migliori, che non sarà il frutto di imposizioni formali, ma esigenza di una preghiera convinta e di una fede viva.